Oltre i profumi del vino
In un vino, i sentori sono importanti. Ci raccontano i vitigni, il territorio e i processi che hanno portato alla nascita di una bottiglia. Riconoscere i sentori di un vino è dunque un esercizio di grande rilevanza che richiede sensibilità, studio, e una grande memoria olfattiva. Chiunque si trovi a degustare dei vini, professionalmente o non, lo sa bene. E lo sa bene anche chi, come il profumiere, ha fatto dei sentori la sua professione.
Così, per raccontarci i sentori e gli aromi da un punto di vista insolito, abbiamo chiesto a Violaine Collas, che dal 2011 collabora con MANE e di recente ha creato The Only One e Dolce Garden for D&G, di spiegare su Birth il ruolo del profumiere, anche conosciuto come “naso”, e come nasce un profumo. Quanto ai vini di Tenuta Luce, durante la degustazione, Violaine Callas ha riconosciuto in Luce dei ricordi di confettura di frutti rossi e more, e sentori di foglie; e in Lux profumi di sottobosco, di muschio dopo la pioggia, e sentori terrosi di patchouli.
Per diventare un profumiere, oltre allo studio della materia, devi avere un vero talento, un naso affinato, capace di farti riconoscere le singole note primarie, e possedere un’ottima memoria olfattiva. Poi, come farebbe un pianista, devi iniziare a comporre i tuoi accordi ed essere sempre incuriosito da quanto ti circonda, attento a ogni novità olfattiva, in giro per tutto il mondo.
Solitamente, i profumieri lavorano all’interno di aziende che creano profumi e aromi alimentari. In ciascuna di queste ci sono numerosi profumieri o “nasi” che lavorano sulla base di indicazioni specifiche. Il profumiere dovrà immergersi in tutto l’universo definito da quel brand per essere in grado di rispondere correttamente alla richiesta fatta e trovare lo spunto creativo per il nuovo profumo.
All’inizio, l’idea prende forma da un “accordo” di alcune essenze primarie (una ventina circa, più o meno). Se, ad esempio, decido di lavorare sull’associazione tra tuberosa e ciliegia, userò sia l’essenza pura di tuberosa, sia essenze primarie naturali o sintetiche che profumano di tuberosa. Tutto questo per ricreare un preciso odore di tuberosa che ricordo di aver sentito in India anni fa. Il mio risultato sarà dunque del tutto diverso da quello di un collega profumiere che si sarà ispirato a un suo personale ricordo. Tuttavia, chiunque annuserà o l’una o l’altra interpretazione, riconoscerà in entrambe la tuberosa, perché ciascuna riconduce comunque a quell’essenza.
E così per la ciliegia: lavorerò su un accordo acido di ciliegia che mi ricorda l’odore di quando le raccoglievo, da bambina, dai miei nonni. Un altro profumiere potrebbe invece lavorare su un accordo ispirato alla precoce ciliegia Burlat…
C’è una ricchezza infinita nel creare la palette di un profumo, visto che il profumiere è in grado di ricreare l’odore di un fiore o di un frutto basandosi sulla sua esperienza sensoriale, sulla sua memoria olfattiva ricca di preziosi ricordi, di tracce… con la possibilità di poterci aggiungere molecole sintetiche o naturali (essenze primarie).
Per memorizzare la composizione di un odore, il profumiere la analizza subito e poi la ripone in un angolo della memoria: quando gli servirà, sarà in grado di elencarne le componenti sotto forma di ricetta, indicando essenze primarie esattamente come quelle sentite anni prima, come farebbe un musicista all’ascolto di un brano nel trascriverne puntualmente la partitura.
Una volta trovato l’accordo giusto, bisogna farne un Profumo. Quell’accordo iniziale ne sarà la colonna vertebrale, la cifra distintiva. Facendo un parallelo col vino, è come se fosse il vitigno.
In prima battuta, lavorerò sulle note di testa, quelle percepibili nei primi minuti: sono composte da molecole molto volatili e danno la prima impressione di una fragranza, attirando l’attenzione e facendo venire voglia di scoprire l’identità di un profumo. Penso che per un vino siano equivalenti alle note percepibili al naso. In seconda battuta lavorerò sulle note di fondo, che evaporano lentamente e possono persistere a lungo sulla pelle: sono quelle che permangono sugli indumenti e ti ricordano il profumo anche a distanza di tempo. Questa persistenza è anche definita texture, trama. Si può arrivare a profumi la cui formula (che è come una ricetta per un grande chef) è composta da cinquanta o più essenze primarie in proporzioni e quantitativi precisissimi, che possono arrivare fino alle parti per milione.
Come per il vino, la capacità d’invecchiamento e di evoluzione nel tempo è fondamentale per il successo di una fragranza. E, sempre come il vino, anche i profumi devono maturare e sostare in alcol per consentire alle essenze primarie di compenetrarsi ed esprimersi al meglio. Il profumiere, inoltre, dovrà tenere conto dell’evoluzione dei gusti del pubblico ed essere in grado di adattarsi ai vari mercati – i gusti possono essere molto diversi in giro per il mondo.